L’Europa frammentata danneggia l’Italia
Di Carlo Pelanda (13-1-2009)
Quando è
entrata nell’euro l’Italia ha mantenuto la sovranità
sul debito, ma ha ceduto all’agente europeo quella sui mezzi per ripagarlo
(bilancio e moneta flessibili). Lo hanno fatto anche gli altri. Ma questi avevano debiti minori in rapporto al Pil, con l’eccezione di Grecia e Portogallo. Inoltre Francia e Germania hanno spesso aggirato le regole
con trucchi contabili contando sul loro maggiore peso geopolitico.
L’Italia, invece, deve stare entro il 3% annuo di deficit, sorvegliata
speciale. Va precisato che se sfondiamo il deficit la vera punizione non ci
arriva dalla Ue, ma dal
mercato che rifinanzia continuamente il nostro
debito. Se percepisce
il rischio di insolvenza o non compra
nuovi titoli – disastro - o li compra solo con un premio che aumenta i costi
per lo Stato (sta accadendo). Ma, fatta questa
precisazione, che senso ha stare in un sistema europeo che non ci aiuta a
risolvere questo problema? Di fatto
abbiamo congelato per i prossimi secoli una situazione in cui una parte
sostanziosa delle tasse che paghiamo va a servizio della spesa per interessi
(tra i 60 e 70 miliardi all’anno) e non scuole,
strade, innovazione e detassazione. In questa
configurazione europea l’Italia è destinata ad impoverirsi strutturalmente per
restare nell’euro. Inoltre, in fase di crisi quando serve flessibilità sovrana
di spesa in deficit per sostenere l’occupazione ed il ciclo economico interno, non abbiamo strumenti. Gli italiani chiedono aiuti
e sollievi fiscali a Tremonti e questi può solo rispondere “non posso”. Ed
ha ragione. Ma dobbiamo ammazzare la gente in base a
questa perfetta euroragione? Infatti
parecchi analisti temono che l’euro si dissolverà perché molte nazioni ad
economia debole o troppo indebitate, pur forti, come l’Italia, non riusciranno
a sostenerlo. Ci sono soluzioni? Certamente: (a) europeizzare il debito in modo
da aumentare la garanzia sui singoli debiti nazionali (cosa che farebbe
risparmiare all’Italia spesa per interessi grazie alla riduzione del rischio di insolvenza); (b) fare un governo paneuropeo dell’economia
in modo da spalmare meglio le misure stimolative in fase di crisi e far
funzionare con più fluidità il mercato continentale in tempi normali; (c)
cambiare lo statuto della Bce dando alla politica
monetaria non solo la missione di tutela contro l’inflazione, come ora, ma
anche quella di stimolazione della crescita. In una Europa
così fatta l’Italia starebbe bene. In quella che c’è è
destinata alla depressione strutturale. Cambierà?